Scritti.


Dal libro Un fiume di capre di Mario Borgna.
Vita e personaggi di Grandubbione negli anni a metà del secolo.

Particolare della copertina di "Un fiume di capre"

"L'impatto con il torrente è suggestivo: in quella stagione era ancora impetuoso, con grandi tompi di acqua limpidissima che, a seconda della profondità, assumono pigmentazioni differenti. La luce attraversa la superficie trasparente dell'acqua per penetrare in profondità e diventare colore, cromie che vanno sublimandosi in toni sempre più intesi, da turchesi opalescenti a verdi smeraldi chiari e giù giù più in fondo, per scoprire neri morbidi, vellutati e misteriosi."



Dal libro Ròca Fòl di Mario Borgna.
Fatti e leggende avvenuti nel tempo in una grotta di un torrione solitario, in una piccola valle delle nostre montagne.

Particolare copertina del libro "Roca Fol"

"Questa pietra è vissuta e ha visto la luce del sole, prima che le altre montagne affiorassero dal mare ed è questo, forse, il segreto del suo aspetto metafisico.
La luce che emana  dai pori della sua cute primordiale irradia ammagliante energia a tutto quello che la circonda.
Quando sale la nebbia estiva e va a velare d’incanto tutta la conca, su fino all’ampia sella dei prati secchi che da Pralamar raggiungono la cima del Cucetto, lassù l’aria del colle sconfigge il grigio delle nubi e fa emergere l’azzurro intenso del cielo dal colore di genziana, sempre affasciante come lo era allora.”


Da L’ideale del bello, di Mario Borgna in  INFORMISSIMA - Concorso Internazionale dei grassoni - International Big People's Meeting di Cavour (TO). 

"In tutte le epoche, il fluttuare del gusto nei confronti del dualismo tra Magro e Grasso risulta quasi sempre una questione puramente “modaiola”. Tra anoressico e pingue, il canone del bello è sempre stato altalenante a favore dell’uno e dell’altro, dalla anoressica Twiggy negli anni sessanta alle maggiorate e giunoniche dive di altri periodi e di altre epoche. Invece, nell’arte, si va dalle filiformi ascetiche sculture di Giacometti, alle boteriano opulenti e serene immagini dell’artista boliviano. Il processo estetico antropomorfico non pone più limiti all’immaginario nei confronti della forma e della armonia. L’ideale classico del “bello”, quello di Fidia come quello rinascimentale fino alle soglie del ‘900 è rimasto con regole pressapoco immutate. Solo nella prima metà del secolo scorso, le forme si frantumano, si dirompono per ricostruirsi sulle tele e nella materia, dando immagini più vicine al pensiero e creando nuove armonie. L’esigenza dell’artista è di esprimere la ragione di una visione più vicina a concetti filosofici, scientifici e psicologici maturati in quel momento e questo ha dato vita all’arte Moderna e Contemporanea. “Tutto porta il tempo e mutando si riposa” è la riflessione che Eschilo pone nei confronti evolutivi dei cambiamenti e sono proprio i giovani che, padroni del loro “tempo”, danno le immagini che lo infirmano. I migliori produrranno le opere che storicizzeranno la loro epoca. Se sapranno porre nelle loro opere le nuove intuizioni, le loro speranze e la poesia che leggeranno con i loro occhi nelle cose daranno una nuova visione del mondo, e questo sarà di conforto e gioia al non facile percorso della vita."


Da un articolo di Mario Borgna de I colori della cucina in l'Eco Mese N.12 anno 2002.

"Morbida e tranquilla è la luce che con grande dolcezza accarezza quella parte di valle, un po’ in ombra, oltre il torrente. La stessa luce, con timida discrezione va a lambire le piccole antiche borgate.
Borgate nate verso la metà del XVII secolo quando ai valdesi fu imposto il trasferimento sul versante alla destra orografica del Chisone in seguito a lunghe e cruenti lotte religiose che cessarono due secoli dopo. 
Quelle terre divennero contea, sotto i Bontal di Pinerolo.   Ora fanno parte del comune di Inverso Pinasca.
In una di queste borgate, La Fleccia, si trova L’Albergo Ristorante dei Fiori; ma la gente del luogo continua a chiamarlo con il nome del suo indimenticabile fondatore: ”Lilì.” 
Nei pressi di questa borgata si scorgono, sul versante opposto, le propaggini del torrione di Roca Fòl nella cui grotta sono avvenuti nel passato misteriosi fatti  divenuti leggenda."


"La gondola dei gelati".

"C’era una volta, molti anni fa, una fantastica gondola che lentamente risaliva la valle del Chisone, passava nelle piazze dei piccoli paesi che incontrava lungo il suo cammino per continuare a salire sempre più in alto.
Quella gondola quando appariva, imponente, lungo il viale del paese dove allora abitavo, si annunciava con il piacevole suono di una trombetta; era come un poetico sogno, un dolce lirico sogno per quelli come me che allora erano bambini.
Può sembrare un racconto surreale o l’inizio di una fiaba nata dalla fantasia di un poeta; invece no, fortunatamente era proprio tutto vero, come erano veri i gelati racchiusi nel freddo ventre di quella meravigliosa gondola.
Era una gondola che andava a pedali, colma di gelati, sospinta a stento con molta fatica da un uomo tutto vestito di bianco che, se non avesse avuto i baffi, per noi bambini poteva benissimo essere un angelo sceso tra noi per portare gioia e delizia.
La guerra era finita da poco, lasciando brutti ricordi e povertà, la strada era in parte sterrata e polverosa rendendo il cammino ancora più arduo, ma quel grigiore dava ancora più risalto a quella bella gondola fiammante di lucidi smalti, con le scritte ai fianchi dipinte con squillanti colori e al centro del piano la cloche, la lucida cloche cromata, conferiva un aspetto, a dir poco, regale.
A quei tempi era l’unica cosa bella e nuova che appariva ai miei occhi.
Era la “Gondola dei Gelati” che d’allora è rimasta profondamente ancorata nei ricordi di noi bambini di mezzo secolo fa."


Da un articolo di Mario Borgna de I colori della cucina in l'Eco Mese  N.11 anno 2002.

"Il sole avaro di quest’anno scendeva lento dietro l’imponente arco di monti mentre gli alti balzi di nuvole accendevano il cielo; questo era il paesaggio che appariva nel momento in cui imboccavo la strada che dalla chiesetta di Gemerello porta verso Campiglione.
All’altezza di via Castellani bisogna voltare a destra sulla piccola strada tra campi e prati nella suggestiva calma della campagna, al primo incrocio proseguire a sinistra su di una strada sterrata e percorrerla per circa un chilometro fino a quando, di fronte, non c’è altro che prati, sulla vostra destra, a poche decine di metri, appare la bella casa contadina, ristrutturata con garbo, al margine di un piccolo bosco, immersa in un atmosfera velata di sogno; oltre il bosco scorre con le sue limpide acque il Pellice.
Qui regna il silenzio e la natura attorno bisbiglia il suo dolce linguaggio."


Da un articolo di Mario Borgna de I colori della cucina in l'Eco Mese N.6 anno 2004.

"La ridente valle di Angrogna, ricca di verde e di storia, teatro di lotte cruenti, per aver condiviso la sorte del movimento valdese, fin dagli albori.
Abitata già nella preistoria da piccole comunità che dal lontano neolitico hanno lasciato tracce del loro spirito, tracce giunte sino a noi, tramite interessanti graffiti rupestri, indelebili testimonianze, incise su rocce che dominano impluvi, luoghi tuttora di grande fascino. Spirito che ha cavalcato i millenni, per giungere rinnovato, ancora al primordiale culto della caverna, la “Gheisa d’la Tana”, grotta naturale adottata a “Tempio”, in cui si riunivano i valdesi prima del XVI sec. per le loro funzioni religiose.
Lo stesso spirito mistico, trasuda ancora dalla “Scuola dei Barbi” a Prà del Torno”: il modesto agglomerato di tre piccole rustiche baite in pietra, addossate l’una all’altra, dove per oltre tre secoli, si preparavano i predicatori valdesi. Per arrivare alla costruzione del primo tempio valdese, avvenuta in Angrogna nel 1555, ed è il più antico delle valli. Sempre ad Angrogna, con la sua attuale veste, in stile neoclassico, incontriamo la chiesa dedicata a San Lorenzo, costruita nel 1717."

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